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lunedì 2 marzo 2015

Una Lingua Di Terra Lunga Un Ponte



Viene in pace, viene quando non lo pretendi, quando ti fermi ad aspettarlo, quando sai che arriverà.

... E Lui Arriverà Quando Vuole Arrivare!

E’ arrivato. Un sogno, come un regalo, quello di un uomo a se stesso, un messaggio in bottiglia che si fa storia, per essere capito, per essere raccontato, meraviglia del cervello umano, che sa creare trame, che sa intrecciarle meglio di qualunque sceneggiatore.

Alla consueta domanda: "Oggi hai sognato?" Questa volta, la risposta è stata "SI" ... confortante, inconfondibile "SI!"

E poi è stato un fluire di parole e marmellata, immagini inzuppate nel caffè, descrizioni e atmosfere di miele.

Questo racconto è in terza persona, perché non un qualsivoglia Dreamer, ma IL Co-Dreamer, costantemente di vedetta, ha prodotto il primo sogno della nuova era!

Stava camminando su un ponte, che ha visto più come una lingua di terra che unisce due montagne.
Certo è complicato descrivere qualcosa che non esiste in natura e che l'uomo non riesce a creare se non in un sogno, però provate lo stesso a fare uno sforzo di immaginazione.
Provate a pensare a questo ponte - che è anche una lingua di terra - dove si può camminare agevolmente e che è altissimo, anzi altissimissimissimo! Talmente alto che non si distingue affatto cosa ci sia al di sotto. Provate ad immaginare lo smarrimento che avete se provate a guardare giù e poi provate a pensare che dovete andare avanti, che è necessario, che l’alternativa sarebbe stare fermi lì, stagnanti per sempre!

Sarebbe certo  una situazione che provoca paura, terrore di proseguire e di rimanere.

Per paura di cadere e finire nel chissà dove, il mio Co-Dreamer, sceglie di camminare carponi, perché sa bene che quella è una posizione più solida e sicura. Non gli importa se impiegherà  il doppio o il triplo del tempo per raggiungere l’altro lato della terraferma, perché in fondo è sempre bene procedere sicuri nel proprio andare.

Arriva imprevista, una macchina in direzione contraria ed il co-Dreamer, deve farsi proprio piccolo piccolo per consentire alla macchina di passare senza esserne schiacciato. Deve essere anche attento a non cadere giù dal ponte. Diventa davvero piccolo piccolo e con la mente si sforza di essere sempre più piccolo anche dentro, anche negli organi vitali, prova a respirare di meno, perché si sa che gli organi sottovuoto occupano meno spazio.

La macchina riesce a passare e lui ricomincia a respirare, ad allargare i suoi polmoni, tuttavia non si rialza in piedi, continua a pensare che sarà meglio proseguire ancora sicuri sulla propria strada, camminando a quattro zampe.

Il profondo nulla imperscrutabile sotto l'altissima lingua di terra, dopo alcuni passi di zampa, finalmente diventa un meraviglioso lago azzurro e questo sogno finisce in un liberatorio salto nel lago, che mette fine al camminare sicuro, lento che non consente di vedere tutto il bello che il posto offre.
Un salto nel lago profondo nonostante la paura del freddo e del fondo, sapendo finalmente dove lasciare andare il proprio corpo!

 

martedì 24 febbraio 2015

Il Blocco Onirico


... E proprio in questi giorni che il blog comincia a vivere la sua vita, oh lui infante, io registro una certa stitichezza da sogno, forse soccombo sotto la mia stessa ansia da prestazione:  
in questi giorni il mio cervello è chiamato a produrre, a sognare, a fotografare e a registrare sogni, immagini e fotogrammi e soprattutto storie.
Ed invece da qualche giorno, cioè proprio dopo la nascita di "Hai sognato.blogspot.com", non ricevo informazioni da lui, da un cervello che sembra starsene beatamente a riposo.
Piatto, silenzioso, quasi pacato ora e nervoso e persino nebuloso qualche giorno fa, quando trasmetteva programmi di nebbia e cirrocumuli.


In questi ultimi giorni le trasmissioni sono di un sobrio impatto emotivo, vanno su un solo e pur dimesso canale - come l’unico canale RAI in bianco e nero datato anni cinquanta - ed infine ricevo il segnale di un solo titolo che scorre in basso allo schermo: “DON'T DISTURB!
Sembra di leggere uno di quei cartoncini che si mettono sulle maniglie delle camere d'albergo.

 

Il mio cervello mi sta dicendo di non disturbarlo

ORA CHE FACCIO?

Proprio ora che investo pubblicamente sulla mia voglia di raccontare il mio cervello si mette in sciopero?

E come si permette? Dovrei andare a chiamarlo e farlo uscire fuori da quel posto comodo dove si è nascosto?

Dunque non posso fare altro che aspettare che sia lui a contattarmi allorquando sua signoria sarà pronta per essere disturbata! Cioè quando capirà che deve cominciare a sfornare sogni su sogni, pacchi di sogni perché questo gli si richiede.

E' fuor di dubbio che sotto tensione il mio cervello si paralizza ed io dovrei essere pronta a gestire i suoi silenzi – spero in emergenza – ma nel frattempo pensavo di sopperire con i sogni del mio co-dreamer (il collaboratore di sogni, assunto con contratto co.co.pro.): è con lui che condivido la colazione ed è lui che mi fa il caffè la mattina, a lui io chiedo se ha sognato e da lui tutti le mattine ricevo la domanda sui sogni del dì!

Che sfiga, in questi giorni mi si è paralizzato anche il co-dreamer, due paralizzati in un appartamento solo, No Sogni No Way!

Probabilmente anche nel suo cervello ci sarà una maniglia e su quella maniglia probabilmente sarà appeso lo stesso cartellino e su quel cartellino probabilmente ci sarà scritto "DON'T DISTURB!".

Il mio coinquilino di sogni, è più sereno e serafico e sa che sogni arriveranno e anche copiosi, per questo il suo sottotitolo è "DON'T WORRY ... in the meanwhile"

 

Credo che la mia stitichezza onirica sia ciclica, proprio come le stagioni e i cicli con cui si ripetono le storie del mondo, quindi ora non mi resta che attendere l’arrivo di un momento di maggiore produzione di immagini, di storie.

Aspetterò docile una più intensa comunicazione fra il mio io inconscio, la mia capacità simbolica di cucire racconti e la parte di me conscia e razionale. So che l’una ama profondamente l’altra, l’una profondamente è parte dell’altra, si cercano e si desiderano per analizzarsi, per continuare ancora a far parte l’una della storia dell’altra.

A volte hanno entrambe paura, come si fa per le cose che non si conoscono o di cui spesso non si ammette l’esistenza.