mercoledì 9 marzo 2016

Amare il proprio Fallimento

Fallire per una perfezionista, permalosa e orgogliosa come me, è una vera pugnalata con l’aggravante che è auto-inferta!

Capire quanto sia grave un nostro fallimento, parte dalla definizione della questione. Innanzitutto mi pare necessario riconoscere un paio di cose:







Che cosa chiamiamo Fallimento?

Che succede quando Sbagliamo?

Quanto tempo è opportuno dedicare al Fallimento?

Parliamo di quello scivolone che è successo a tutti noi, quella volta che stavamo scendendo eleganti come poche volte nella vita, dalla luminosissima scala di Sanremo, cadendo rovinosamente, devastantemente giù e ancora più giù.

Penso a quel senso di vergogna che proviamo quando goffamente siamo a terra, indifesi e piccoli e dobbiamo tirarci su.
Come sapremo farlo? Sapremo gestire l’imbarazzo? E soprattutto sapremo trarne insegnamento?

Io direi che possiamo cominciare provando a:

-          a riderci su perché in fondo siamo davvero esilaranti

-          a non ridere per gli scivoloni degli altri … perché sono altri “NOI” che cadono

-          evitare di recuperare facendo gaffes più grandi degli stessi scivoloni

-          morire senza recuperare (possiamo gridare la ritirata e nasconderci velocemente fuori dalla vista altrui)

-          rifare gli stessi percorsi per sperimentare nuovi passi

-          osservare da un altro punto di vista, dal pavimento, la realtà

Quando lo scivolone è un errore sul lavoro, tutto di noi è in discussione, la nostra autostima, il nostro valore, il nostro narcisismo, la nostra stessa bellezza, la nostra capacità di parola e di difesa. Come salvarsi?

Mettiamoci alla finestra e aspettiamo che il tempo ci salvi, senza essere passivi, osserviamo con il cervello acceso ed attivo.
Stranamente, il tempo ci accende, ci illumina, anche se in realtà illumina uno sguardo o un comportamento di noi che non abbiamo indirizzato correttamente. Il tempo ci aiuta a trovare una spiegazione all’errore perché ci aspetta nella riflessione, ci lascia elaborare le immagini, le parole e le mette insieme per noi codificandole. Il tempo lo farà, ci salverà!
I fallimenti ci costringono a ragionare su qualcosa, ad osservarla da molto vicino, per questo potremmo scoprire di aver sottovalutato un passaggio e sopravvalutato altri processi. Il fallimento ci aiuta a prendere le misure, a capire come le cose non vanno fatte, su quello che dovremo fare successivamente …

Nel frattempo chiedo a me, a noi, al mondo, all’etere di eliminare i pensieri negativi ricorrenti. Sono quei momenti in cui in maniera ripetitiva ripensiamo a quello che è successo, rimuginando sull’errore compiuto, replicandolo mille volte nella nostra mente. Questa ripetitività, se possibile, ci riporta sugli stessi passi ed è quasi un comando alla mente di rivivere e quindi ripetere le stesse azioni.

… e quando è passato un po’ di tempo … ancora tempo … si tratta solo di tempo, quello che ci aiuta umilmente a dimenticare quell’errore umano, nostro, che lo rende insopportabile, per poterlo poi riprendere in considerazione in maniera ironica e un po’ più oggettiva.

Ho imparato da sola ad ama i miei errori, da lontano, perché ho scoperto che sono la parte più sana e persino più autorevole e saggia di me!
#stylettochallange

martedì 1 marzo 2016

Caro Lavoro ti scrivo



- Che ci piaccia o no
- Che lo vogliamo o no
- Che ne siamo consapevoli o no

per tutti noi, tu sei la cosa che più di tutte anima le nostre giornate da mattina a sera, ti componi di persone che dobbiamo più o meno stimare per poterci stare a fianco. Abbiamo bisogno di stabilire con loro un vero contatto umano di partecipazione e vicinanza. Abbiamo bisogno di sentire che siamo utili. 
Io ho capito che non ho voglia di fare lavori strategicamente importanti perché in fondo non sono capace  di imporre la mia volontà, non urlo, non ostacolo … persino un'espressione strana del viso di chi mi parla, mi confonde e mi fa rinunciare.
Ed poi si crea quel circolo vizioso per cui se rinunciamo a fare qualcosa perché non ci sentiamo all’altezza, arriva insieme quel senso odioso di frustrazione e di incapacità e dunque rinunciare di nuovo a partecipare ALLA NOSTRA VITA LAVORATIVA.

Questa è la prima parte di una lettera al lavoro #carotiscrivo, amato nemico, che io ho scritto circa un mese fa in un momento di totale annullamento, ma che sono sicura, ognuno di noi scriverebbe ogni giorno, dieci volte al giorno!!! Ho capito che il mio problema è lì, nel mio stare sostare senza passione fra quelle carte pertanto ho deciso di lavorare su questa mia lettera, ridurla in pezzetti e metabolizzarla lentamente, perchè se voglio i sogni a colazione, significa che dovrò essere capace, durante il resto della giornata, di prendere in mano la mia vita, le mie passioni e renderle vive anche quando tutto intorno a me alza un muro di pacata indifferenza.