martedì 2 agosto 2016

Ti amo come il cibo ama il sale

"Ti amo come il cibo ama il sale"

E’ una dichiarazione di amore meravigliosa e unica!

E' una frase che sto amando molto e che sta ispirando la mia calda estate. Forse è diventata meravigliosa per me dopo averla capita ...


E' la frase rappresentativa della favola di un imperatore, padre di tre figlie, che chiede ad ognuna di loro quanto bene gli vogliano. Dalle risposte delle figlie, dipenderà la loro eredità.
Chi vuole più bene a papà suo otterrà il regno.
Ecco le risposte delle tre figlie:

PRIMA FIGLIA: “Padre io ti amo come l'oro”
SECONDA FIGLIA:  “Ti amo come il cielo e la terra”
LA TERZA FIGLIA: “Io, padre, ti amo come il cibo ama il sale”

Come il cibo ama il sale??? Che risposta è mai questa? Una figlia osa paragonare un vile cibo all'amore per un padre??
L'imperatore, è offeso, non capisce, non sa dare un valore alla dichiarazione di amore della sua terza figlia.

A questo punto, la storia si differenzia, si declina in mille altre favole, a seconda di chi la racconta e della sua provenienza, è una storia che attraversa altri luoghi, e risponde a mille altre tradizioni.

C'è chi racconta che il re abbia ordinato la morte di sua figlia e chi invece riferisce che lui abbia voluto allontanarla dal regno.

Nella versione in cui il re ne chiede l’esecuzione, la figlia riesce ad impietosire i suoi aguzzini e si salva trovando riparo presso la corte di un ricco signore in un prestigioso palazzo, dove lavorerà come cuoca.
Anche nella versione in cui viene allontanata, questa figlia riuscirà a trovare un posto che la accoglie, proprio nelle cucine.

Un giorno l'imperatore viene invitato alla corte del ricco signore per festeggiare il suo matrimonio, la cuoca del prestigioso palazzo, cucinerà per suo padre l'imperatore e servirà piatti senza sale.

L'imperatore ospite autorevole del ricco signore, è stupito per il cibo che gli viene servito e lascia tutte le pietanze dopo averle assaggiate.
La cuoca premurosamente si avvicina a chiedere al re la ragione di quel rifiuto: forse le pietanze non erano di suo gradimento?
Il re dichiara che le pietanze erano squisite ma insipide, senza sale ... e senza sale un cibo non si può mangiare.
La cuoca allora gli rammenta quanto accaduto qualche anno prima: il re aveva cacciato una figlia proprio perché gli aveva detto che lo amava tanto quanto il cibo amava il sale ...

E’ proprio in quel momento che il re ricorda, riconosce sua figlia, ricorda il sapore dei cibi e l’amore per quella figlia lontana.

Credo si possano dire molte cose su questa favola che ha ispirato anche #Shakespeare, sull'affetto, sul nutrimento, sul cibo, sul legame fra cibo e amore, sull'espressione dell'amore, sulle richieste impossibili che si fanno a coloro che si amano, io oggi invece mi fermo semplicemente ad osservare la bellezza assoluta di questa dichiarazione:

IO TI AMO COME IL CIBO AMA IL SALE

E’ una favola la cui nascita è datata 55 anni prima di Roma, la storia sembra rimanere oltre il tempo, non lontano, non vicino, ma oltre.
Una figlia che dichiara amore infinito al padre, come il sale, come il pane, in un rituale che ha già una soluzione: questo amore non si discute!

Questo amore E'!

Questo post nasce da una idea lanciata da #FrasiAmate, che ringrazio per avermi ispirato!

Ti amo come il cibo ama il sale #FrasiAmate, #inAgostoLeggo, #inunPensiero, @ModusvivendiB, #ParlamiDAmore

venerdì 24 giugno 2016

Hai sognato?: Oggi mi #affitto

Hai sognato?: Oggi mi #affitto: Oggi ho voglia di scrivere a mano, ho voglia di trasportare i miei pensieri in un altro posto attraverso l'inchiostro, oggi il fogli...

Oggi mi #affitto



Oggi ho voglia di scrivere a mano, ho voglia di trasportare i miei pensieri in un altro posto attraverso l'inchiostro, oggi il foglio è una zona di conforto dove rimanere accoccolati.

Qui siamo solo io e lui ... e lui è la mia coperta.
Ho la sensazione che il foglio bianco mi aiuti a spaziare con le idee, ad andare più lontano dei confini che lui stesso mi dà.
Quando ho voglia di vagabondare un po' con i pensieri, rimanendo comunque al sicuro, quando, dopo aver volato, ho bisogno di atterrare su un terreno morbido, mi appello a lui, al caro pezzo di carta!



Da mesi, sto davvero spaziando attraverso un mondo, in un nuovo mondo, in una specie di fantasiosa lavatrice esistenziale, emozionale, motivazionale: è un lungo brainstorming alla ricerca di qualcosa in una direzione che ancora non conosco.
Durante il mio spaziare, dentro e fuori dal foglio, oggi mi sono imbattuta nel concetto della realtà da attraversare come sul surf e nella raindrop cake, due concetti lontanissimi, incontrati a distanza di pochi minuti l'uno dall'altra.
Dunque affrontare la vita sfruttando la forza delle onde e una torta di pioggia, mmm, chissà se hanno qualcosa in comune o se mi si sono affacciati insieme per caso!
Mi piacciono anche i suoni delle parole rain rain drop drop ... surf surf.

Questo gusto del far convivere tutto in una raindropsurf deriva dalla ricerca di una ispirazione avviata durante i miei brainstorming, è un lavoro che mi attrae perchè serve a capire come affrontare i prossimi anni del resto della mia vita.

Per avere una vera intuizione sul cambio di vita, mi servirebbe sentirmi molto free, pressure free, sugar free, detox da tutti i suoni stonati, senza quella sensazione di soffocata che fa mancare il fiato. Dovrei essere capace di osservare la mia situazione, la mia vita, in maniera distaccata, come se mi fosse lontana: la mia vita come quella di un parente, la mia vita nei panni della mia cugina di Palestrina ... o di Bollate ...

Nel surf sulla realtà, non si da troppa importanza agli eventi, che non hanno una interpretazione positiva o negativa, tuttavia ci sono strutture mentali, sensi di colpa, di responsabilità, del dovere, che si rafforzano quanto più noi stessi diamo valore a specifici eventi.
Un atteggiamento più rilassato e distaccato, ci renderebbe più oggettivi e probabilmente più attivi, come in quelle discipline orientali di combattimento in cui si sfrutta la forza dell'avversario per indirizzarla nella direzione più opportuna per noi.
Accadono numerosi eventi in numerosi spazi, in uno stesso stesso momento. Ci si dovrebbe spostare da un "ramo" della realtà cogliendo la buona energia che alberga nei buoni eventi. Il senso pratico dovrebbe guidare la libera scelta di sostare su questo o quel ramo della realtà secondo un sano controllo delle proprie intenzioni e dei propri bisogni.

La vita "succede", quello che possiamo fare è farla succedere meglio che si può dalle nostre parti. Serve fondamentalmente ridurre dentro di noi l'importanza che diamo al mondo, quando questo viene vissuto come un macigno tanto grande da soffocarci.
Al tempo stesso dovremmo alleggerirci della importanza che diamo e alle nostre azioni: a volte sentiamo di dover portare addosso il peso di alcune scelte, di alcune cose che gli altri pensano sulla base di quello che noi facciamo.
Dobbiamo immaginare, al contrario, che siamo parte di una catena, le nostre azione entrano in una linea di prevedibilità che toglie a noi, la responsabilità della scelta. Intendo dire che se l'ingranaggio non lo spostiamo noi, si troverà comunque il modo di spostare quello stesso ingranaggio grazie a qualcun altro: siamo importanti ma non indispensabili.
Questo ci aiuta a pensare alle nostre azioni come a attività che hanno un valore ed un peso, ma che non muore nessuno se le svolgiamo più tardi o con minore attenzione. Insomma la questione è LEGGEREZZA!

A volte sentiamo di non avere voglia di affrontarci, di osservare la nostra stessa voglia di cambiamento, leggere meglio la nostra ricerca di ispirazione ... una certa pigrizia ci frena, uno STOP che interviene proprio quando sembra di poter prendere il volo, c'è un sonno profondo, che arriva, bastardo, ad interrompere la scalata per uscire a prendere aria fuori dal tunnel.
Credo sia una paura inconscia che ci prende proprio nel momento in cui dobbiamo reagire e prenderci la responsabilità della nostra vita, della nostra felicità.

Non che non ci si prenda responsabilità, ma se viviamo una vita fin troppo ripetitiva, uguale nei ritmi, nei riti, nei tempi, spesso ne siamo sopraffatti, ma allo stesso tempo confortati da questa stessa routine!
In questo mondo di soffocanti sicurezze, sappiamo quello che c'è da fare, conosciamo le persone con cui confrontarci, il nostro range di azione e la portata massima delle nostre decisioni.

In una zona del proprio mondo così comoda, in cui tutto è chiaro, cristallino, prevedibile e noto, desiderare un cambiamento è vitale e persino "idratante" per le sinapsi, ma indubbiamente questo crea una enorme paura che tutto quello che abbiamo costruito vada perso, che ci si perda per come ci si conosce:

sarà di certo l'esperienza più ricca, entusiasmante e commovente che vivremo, ma indubbiamente sarà la cosa che provoca più paura!

C'è un'idea che mi sta passando per la mente, che fa convivere la leggerezza dell'agire con la presa di coscienza delle proprie azioni e delle formule di vita abitudinarie, che mi sembra aiuti a surfare sulla realtà.
Onestamente non ho capito come metterla in pratica, essa prevede la capacità di "darsi in affitto", che credo significhi Concedersi A Tempo e Parzialmente, proprio come succede con le cose che si prendono in affitto sul Portaportese: prendi qualcosa, la curi, te ne occupi ... fino a scadenza del contratto, qui non siamo i protagonisti principali ma solo semplici partecipanti.

Questa dell'affitto mi sembra la soluzione per non prendersi un carico troppo rilevante delle tensioni e pressioni che il mondo ci fa, basterebbe solo capire come fare ... una bazzecola!

Adesso il ragionamento sui massimi sistemi sembra non c'entri nulla con la raindrop cake e invece c'entra e anche tantissimo, con tutto quanto!
La raindrop cake è una torta per la quale a New York tutti ormai sono andati in fissa, è un dolce che sembra una goccia d'acqua. Inventato da un cuoco americano di origini giapponesi, è a base di gelatina, zucchero, si può tenere persino in mano, ma solo per pochi secondi ed è divertente giocare con la consistenza di una torta di Pioggia.
Bisogna mangiarla in fretta e non perdere tempo, perché si scioglie.
In bocca sembra dissolversi come l'acqua.


Cosa unisce queste due cose? Il tempo. E' sempre, dappertutto, una questione di tempo, quello che vola e che fugge e quello che semplicemente serve a vivere, a fare bene le cose.
E' una storia di equilibri, fra il tempo del cambiamento che arriva esattamente ad un certo tempo, dopo una certa maturazione e il tempo in cui tutto rischia di finire e di svanire, quando si perde la magia, come la pioggia, quando svanisce l'entusiasmo ... la gioia della ispirazione!


#raindropcake, #raindrop, #tempo, #surf, #surfer, #surfing, #affitto, #affittare, #pioggia, #tempo, #rain, #realtà, #sogno, #pensieri, #vita, #leggerezza, #ispirazione, #motivazione, #carta, #foglio, #scrivere, #scritturebrevi, #parole, #scrittura

giovedì 9 giugno 2016

Hai sognato?: Viaggio a Roma 8 anni dopo … Giugno 2008 – Aprile ...

Hai sognato?: Viaggio a Roma 8 anni dopo … Giugno 2008 – Aprile ...: Il mio viaggio è cominciato con una conversazione con un uomo di più di 60 anni, un taxista che mi ha accompagnato dall’aeroporto alla c...

Viaggio a Roma 8 anni dopo … Giugno 2008 – Aprile 2016



Basilica San Pietro
Il mio viaggio è cominciato con una conversazione con un uomo di più di 60 anni, un taxista che mi ha accompagnato dall’aeroporto alla città. Lui non capiva l’inglese ed io non capivo l’italiano, ma da quando ha cominciato a parlare di Roma, non ho perso una sola volta il senso delle sue parole, per l’intera durata del viaggio.
Osservavo i palazzi, i giardini, le strade, attraversavo la periferia e lungo tutto il percorso ascoltavo in sottofondo la voce di quell’uomo che aveva un ritmo ed una musicalità così rasserenanti da lasciare che i miei pensieri cominciassero a viaggiare e lentamente sono scivolato nelle memorie del mio passato.

Per un secondo immensamente lungo, qualcosa è balenato nella mia mente, ho visto il viso innocente di un ragazzo giovanissimo, seduto sul sedile posteriore di un taxi, che guardava il mondo attraverso il finestrino. Viaggiava dall’aeroporto all’hotel, osservava per la prima volta i meravigliosi viali della città eterna, esaminava il paesaggio in una combinazione di fascino e incertezza, per l’arrivo in quel posto così nuovo per lui. Quella città costituiva un luogo lontano da tutto quello che quel ragazzo aveva visto e vissuto fino ad allora e che portava nei suoi occhi.

Realizzai che il ragazzo giovanissimo ero io stesso a Giugno del 2008, durante la mia prima visita a Roma, quando arrivai in questa città per un lavoro da gestire on site.

Mentre mi chiedevo quanto veloce avessi volato, udii la fragorosa voce del tassista che cercava di svegliarmi perché eravamo arrivati a destinazione.

8 anni … sono ancora sbalordito da quanto tempo sia volato e da quanta vita sia cambiata. Penso rapidamente a tutti i ricordi, agli eventi, alle esperienze, agli incidenti, a tutti i momenti brutti e quelli meravigliosi che si sono susseguiti in questi anni, tutti i good times and bad times (come diceva quella famosa canzone). Continuo ad essere profondamente stupito e smarrito all’idea degli 8 anni andati via. Wow, la vita è stata una corsa sulle montagne russe, ma è stata così intensamente interessante, così appassionante … è stata così vita!
In breve tempo ho imparato molto su di me e più di tutto ho imparato a ragionare su chi sono e cosa voglio, SCOPRIRE LA VIERITA’ CHE PORTO DENTRO è diventato in questi anni un desiderio o forse un bisogno e questo è quello che voglio fare nei prossimi 8 anni.


8 anni fa ero un ragazzo ingenuo e con poca esperienza, il Colosseo mi sembrava una cosa da non dover necessariamente vedere, era meno interessante perché lo avevo già visto al cinema, con “Il Gladiatore” e Russel Crowe.
In questi anni ho cambiato scarpe, casa, lavoro, azienda, continente, ho sposato e ho divorziato da una donna che la mia famiglia mi ha imposto.
In India questo succede ogni giorno e ogni giorno migliaia di giovanissimi ragazzi come me accettano il loro destino. La mia sposa credo avesse paura di me, credo non mi conoscesse abbastanza da desiderare di passare il resto della sua vita con me ed io che invece ero pronto a conoscerla, anche se ancora non l’amavo, non ho avuto il tempo di farlo. Avevo tutta la piena formalità della società che mi aveva cresciuto, non la capivo, ma la accettavo e la subivo. Lei non voleva questo o non voleva me, non mi conosceva nemmeno, ma non mi voleva e non voleva conoscermi.
Ho capito che dovevo cambiare strada, quel percorso non mi avrebbe portato in una buona direzione. Ho chiesto il divorzio.
Ho conosciuto l’allontanamento dalla mia famiglia, la vergogna dei miei per me, la mia vergogna, ho visto il farraginoso sistema burocratico che consente il divorzio dalle mie parti, ma che lo rende difficile e odioso più della separazione stessa da quella donna.

Dal 2013 non smetto di viaggiare, continuo a riempire i miei occhi di cose da vedere, di vita, di vita altrui, di vita non mia, per capire che cosa è successo alla mia.
Torno a rivedere i posti che ho già visto, come Roma, per guardarli con i nuovi occhi che ho ora, non voglio perdere nemmeno un mattone stavolta del Colosseo.

 
#India #matrimonio #sposi #wedding #amore #Roma #Rome #colosseum #Colosseo #taxi #airport #aeroporto #viaggio #viaggi #viaggiare #memoria #ricordi    http://haisognato.blogspot.com/2016/06/viaggio-roma-8-anni-dopo-giugno-2008.html

mercoledì 25 maggio 2016

Hai sognato?: Caffè Login Avvio giornata

Hai sognato?: Caffè Login Avvio giornata:

Esiste una strana sfumatura nelle nostre esistenze, che generalmente identifichiamo come meravigliosamente sognante, che si colloca e agisce...

martedì 24 maggio 2016

Caffè Login Avvio giornata

Esiste una strana sfumatura nelle nostre esistenze, che generalmente identifichiamo come meravigliosamente sognante, che si colloca e agisce dentro di noi in maniera inconscia nella primissima parte del giorno.
Dopo il risveglio, piantando i piedi a terra non troppo saldamente, realizziamo se c'è il sole ed è già giorno, oppure se piove e soprattutto se è troppo presto per eseguire il login di avvio della giornata, tutto in un botto solo, in un colpo unico za zà.

Facendo forza sul nostro senso di responsabilità, sulla nostra voglia di partecipare alla nostra vita, trasciniamo le lente membra fino in cucina, per mettere il caffè sul fuoco.
Cominciamo a capire dove siamo e che cosa vogliamo da noi e dalla nostra giornata. In quello stesso momento, ci portiamo addosso ancora lo zaino con i ricordi della notte. Ricordi di viaggi in posti surreali, dove la cioccolata sta sulla montagna e abbiamo paura di volare o di nuotare e incontriamo personaggi curiosi e persone a noi molto care.
Il caffè ci accompagna in questo passaggio da un mondo all'altro, quella tazza di liquido bollente sembra ancora un pò il miscuglio strano dei nostri sogni. Io lo bevo amaro e bollente ed è l'unico modo che conosco di svegliarmi per davvero,  ancora oggi dopo decenni, più o meno lentamente con il passaggio dei minuti, il velo si dischiude e dalla testa le nubi si diradano, le palpebre si aprono guadagnando spazio millimetro dopo millimetro fino ad apertura completa del pannello.

Questo è un caffè cerniera, fra due mondi, una sorta di enjambement fra sogno e realtà.
Oddio quanto mi sento Marzullo
Oddio mica sarò troppo Marzullo
Per lui lo slogan è: "Quando un giorno è appena finito ed uno sta per cominciare"
e per me invece è: "Quando un sogno è appena finito ed una giornata sta per cominciare"
Madonna che Marzullo mi ispirasse non lo posso confidare a nessuno!
#caffè, #coffee, #marzullo, @marzullo, #risveglio, #sogni, #sogno, #buongiorno, #celapossofare, #avverbi, #avverbiamente

http://salute.feedelissimo.com/colazione-antiage/

martedì 17 maggio 2016

Hai sognato?: On Wood - On #Woody

Hai sognato?: On Wood - On #Woody: Mi affido ad un quasi forse direi poeta, Woody on wood, babeeeeeeeeeeee, uuuuuuuuu uuuuu, on wood. Lui dice: “Amare è soffrire. Se non s...

On Wood - On #Woody

Mi affido ad un quasi forse direi poeta, Woody on wood, babeeeeeeeeeeee, uuuuuuuuu uuuuu, on wood.

Lui dice:

“Amare è soffrire. Se non si vuol soffrire, non si deve amare. Però allora si soffre di non amare. Pertanto amare è soffrire, non amare è soffrire.

Essere felice è amare: allora essere felice è soffrire. Ma soffrire ci rende infelici. Pertanto per essere infelici si deve amare. O amare e soffrire. O soffrire per troppa felicità.”

E poi dice, impertinente:
“Io spero che tu prenda appunti.”






#Woody, #WoodyAllen, #amare, #Amore, #Vita, #love, #Soffrire, #Pessoa, #felice, #smile, #buongiorno, #happy, #thinkpositive,

venerdì 13 maggio 2016

Ciao #Lisbon #Lisbona ... Ciao mio #Portogallo

Meraviglioso orizzonte, splendido il panorama ovunque io abbia posato lo sguardo, visi sereni, sempre sorridenti, tempo lento in cui non pesano nè il tempo della ricerca delle cose da conoscere o imparare a #Lisbona, ma nemmeno gli angoli sporchi o abbandonati e brutti, che nelle nostre città ci sembrano insopportabili.


 
La serenità di questi giorni, che mi porto dietro e soprattutto dentro, è un valore ed è un impegno che io prendo con me stessa e con chi mi vive intorno, accanto, sopra e sotto. E' un regalo che mi ha fatto il Portogallo e non posso non tenerne conto.
E' la raccolta di un tempo che io ho dedicato a me, per riempirmi gli occhi e la mente di cose, di immagini, di pensieri di riflessioni, di cose belle, di persone belle, di storie semplici, quelle che riesci a vedere quando hai la mente sgombra e non hai preoccupazioni, schedulazioni. Quando il tuo tempo sfugge perdendosi velocemente come l'acqua di un fiume tutto questo non lo sai vedere!
Si impiega un po' per allinearsi al tempo lento delle vacanze, al fatto che ci si deve perdere per cercare qualcosa e trovare in fondo qualcos'altro di nuovo e di illuminante.
C'è il tempo delle file al museo durante il quale ascolti la lingua e il suono della voce delle persone in fila con te, osservi i giochi dei bambini che NON si annoiano MAI e, anche se non vuoi, non puoi fare a meno di "stare immerso" nei discorsi degli altri ... e ascoltandoli realizzi che non c'è mai nessuno che, in fila al museo, sta parlando di bollette, soldi o scadenze, ma solo del posto da visitare dopo il museo, del ristorante dove andare a mangiare, dello scorcio da fotografare.
E' un tempo lento che merita il suo tempo!
Si comincia al mattino facendosi un'idea mooooooolto flessibile dei posti che si vogliono vedere ma si ignora completamente come ci si arriva e che cosa si incontrerà durante il viaggio.
Ed è il viaggio la parte che colpisce di più.
E certo si arriva comunque al punto, si arriva dove si vuole arrivare, prima o poi. Tante volte è poi!
 

Si parla spesso di ritorno dalle vacanze come ritorno alla normalità.
La normalità? Quella cosa che ti svegli quando fuori è ancora buio, o non dormi affatto per l'ansia di non svegliarti? Quella cosa che devi viaggiare tutto il giorno per raggiungere il posto di lavoro, mangiare un panino davanti al pc, tornare a casa, avere tempo per fare una lavatrice e la cena, parlare mezz'ora di quello che vorresti fare nel fine settimana? E' questa è la normalità? Cioè Portogallo, la saudagi, il caffè alle 10, la vita lenta portoghese, il panorama con l'Oceano non vanno bene? Non sono normali? Fermate questo treno. Ora. Non scherzo. Ora. Voglio scendere. Ora. Ditemi che quelli non normali vivono solo a tre ore da qui. Ditemi che dovremmo tendere in quella direzione. Ditemi che questa normalità non è normale. Ditemi!
La giornata del rientro dalle vacanze comincia con piccoli gesti positivi.
Di solito ti svegli, brancoli nel buio, fino alla cucina, accendi la luce della cappa che è più soft, metti su il caffè e ti lasci andare su una sedia aspettando lo scossone elettrificante di quella tazza nera fumante che un pò profuma di vita un pò ti da il coraggio che a quell'ora ti manca!
Al rientro delle vacanze invece senti al risveglio una voce che parte da una sinapsi non ancora fulminata, che ti dice "Apri" e tu apri la finestra.
Il caffè lascia il posto ad una tazza di té nero aromatizzato al cioccolato, così non prendi zuccheri in più di quelli che hai già preso durante le vacanze (hastag dieta non mi freghi!).
Apri una di quelle scatole con i dolci presi in aeroporto, poco prima di partire, perchè vuoi portare quanto più puoi della vacanza con te, i ricordi, i colori, i sorrisi e le risate, perchè vorresti impacchettarli e metterli nello zaino per diluire con l'acqua (e vabbè anche la pioggia) l'effetto delle vacanze. Poi assaggi un pezzo di Portogallo take away chiudi gli occhi e sei là. Apri gli occhi ... e sai che sei tornato a casa! Senza possibilità di recupero, ma anche con la serenità che il viaggio che casa tua ti regalano insieme! Sei a casa!

E poi quando sei fuori casa, stai andando al lavoro, stai andando a ricominciare la tua normalità, ti capita di leggere un post della tua amica che parla della sua amica, sei ferma ad aspettare lo 039, che oggi ha fatto tardi, in fondo come tutti i giorni.
Hai negli occhi, nella mente, persino nei capelli arruffati ancora tutto il ricordo di quella #Lisbona là, che brulica di intensa vita, il sapore di bacalao e posteis de Belem e porto ... e poi leggi che c'è qualcuno che saluta qualcuno, che Rossella saluta la sua eterna amica, Laura, che vola altrove a cercare la sua fortuna, la sua crescita. E quel ricordo di vacanza diventa nostalgia e voglia di cullarsi e non pensare ad altro ... Io torno e tu vai ora. Buon viaggio e buona fortuna cara Laura.
#Portogallo, #Lisbona, #scrittura, #vacanze, #stranieri,#rientro

lunedì 2 maggio 2016

Regala un barattolo dei pensieri positivi

Nella mia casa c’è una stanza (un po’ più di una stanza)
Nella mia casa c’è anche una mensola (un po’ più di una mensola)
Sulla mia mensola c’è un barattolo (e solo un barattolo!)
E’ il barattolo dei pensieri positivi, lo uso all’uopo, non una volta al dì … ma una volta al mese si!
 

E’ il barattolo che contiene post-it colorati ed ogni post-it è un pensiero positivo, molto positivo, perché racconta di qualcosa che ho fatto e soprattutto che ho fatto bene

E’ UNA COSA BUONA

FATTA BENE

 Scrivo solo poche parole, giusto quelle utili a ricordare, sono quelle parole, che poi, rilette diventano subito immagine, ricordo ed infine storia, una bella storia che parla di me, una storia in cui io ho agito, sono stata protagonista. Non importa che sia una storia con un happy end, anche se quello è auspicabile, ma basta sapere che io lì c’ero, con tutta la mia testa, la volontà e le scarpe, un paio di tacchi!

E’ un barattolo assai conservatore, che conserva qualcosa a lungo, come quelli da tenere in una dispensa, da usare quando fa freddo fuori e non c’è molto cibo fresco in giro per casa e si fa appello a tutte quelle risorse interne per stare in piedi e centrati.
Quando ho un momento buio, quando il cielo è cupo, quando perdo la speranza di poter respirare ancora aria pulita o tornare a vedere un po’ di luce, quando ho qualche dubbio sulle cose che so di me, prendo un post-it, lo apro piano, sbircio la frase, come nel poker, assaporo una ad una le poche parole, ricordo quello che ho fatto e respiro a pieni polmoni.
C’è una strana sensazione di sana gioia che comincia ad attraversare tutto il corpo.
Ci sono persone in cui il risveglio comincia quando si dissipa il velo di torpore dalla testa e ci sono persone a cui partono i piedi da soli con un bisogno irrefrenabile di ballare a ritmo swing. L’intero corpo ne viene contagiato, spalle, fianchi, ginocchia e guance per finire con gli angoli della bocca che vanno all’insù,

TU sorriderai! E ti piacerà!

Si, uso il TU perché voglio contagiarti, voglio chiederti di provarci, prendi una barattolo di sana sanissima nutella svuotalo pacificamente della parte cioccolato, gianduia e godimento e poi riempilo, sovraccaricalo, inzeppalo di pensieri positivi!

Il contagio crea coraggio (per certo crea una rima), il coraggio rende testardi, la testardaggine porta a perseguire un obiettivo folle da folli, i folli si circondano di persone folli e ironiche, che seguono ancora di pomeriggio lo stesso cartone animato di vent’anni fa, che festeggiano ogni giorno il proprio compleanno più sei mesi, sei giorni, sei ore  e cinque minuti … più sei mesi, sette giorni, sei ore e nove minuti … più sei mesi …
Guardandoti allo specchio troverai la tua pelle curiosamente un po’ più luminosa e sentirai un fortissimo bisogno di affacciarti alla finestra per capire fuori cosa c’è e magari sorridere e dire al primo passante che è un “tipo ok”.

Oppure potresti aprire la porta della stanza accanto alla tua e dire a quella persona seduta sul divano a leggere silenziosamente il suo libro e che ti accompagna nella vita, che ti piace vivere quella vita insieme, con gli aggiustamenti di ogni giorno, ma che ora come allora, questo è bello!
Regala un barattolo ai tuoi amici, alle persone che ami, conservane sempre uno per te, perché tu non debba mai dimenticare mai chi sei.
Regala un barattolo ai tuoi amici perché hai fiducia in loro e sai che un pensiero positivo li aiuterà a sorridere di nuovo e di nuovo ancora: quel barattolo contiene i loro pensieri positivi, le loro azioni migliori, le loro imprese memorabili e quelle dei loro figli.
Regala un barattolo perché sai che quella sarà la loro fonte di sicurezza. Regalalo perché con un pensiero positivo un sogno diventa più vicino.
Io ho usato un barattolo riciclato almeno un paio di volte, conteneva funghetti sott’olio, poi ha ospitato la marmellata di fichi cucinata da una campionessa di marmellate e ora raccoglie i miei pensieri positivi e la vita di questo barattolo è destinata a migliorare ancora, a colorarsi e a risplendere sulla mia mensola, ad avere nastri e fiocchi.
Sii cocciuta, sii arrabbiata, pronuncia pure  ad alta voce il tuo “si” o il to “no” purché tu lo ritenga la tua risposta definitiva.

E anche se non ti senti giù, ma sei solo in quella fase un po’ “gne gne” che non sai che cosa vuoi, ma ci sono una serie di cose che di fondo ti danno un sacco fastidio, beh allora tira su un pensiero positivo,
Giusto per non dimenticare
Giusto per non buttare in un anonimo archivio cartaceo una tua idea

Per rinfrescare un pensiero

Per verificare se è arrivato il momento giusto di dargli spazio

Per provare nuovamente a farlo avviare su altri binari

Per capirne se ancora quel pensiero positivo ha lo stesso peso sulla tua vita e sulla tua storia

Perché ti illumini

Per inviare una lettera a babbo natale o alla fatina dei buoni pensieri e delle idee strafighe, che devono vivere assolutamente da qualche parte nel mondo e che devo ascoltare quello che hai da chiedere!

 
#barattolo, #unbarattoloperognioccasione, #nutella, #tentativo, #dolce, #sweet, #positivo, #pensiero, #vita, #giorno, #casa, #home, #pensieropositivo, #thinkpositive

giovedì 21 aprile 2016

Un eroe dell'ovvio

Sono consulente, faccio un lavoro che attiene alla sfera della magia, in un mondo magico, a contatto con gente che può molto, persino assumere un consulente per fare cose che dovrebbe e potrebbe fare personalmente.

In questo mondo supersupermagicalidoso, la mia autostima cresce, enormemente, ogni giorno, soprattutto quando qualcuno ti chiama e ti dice: “ok, sei un sognatore, ma riesci a fare cose che io  … mamma mia …”, lasciando poi sospesa questa frase.
Non so se questo significa che non sanno proprio come si finisce la frase o se è meglio non prendersi la briga di dire cose a cui poi dovrebbero dare seguito.
Di solito si tratta di attività amene, entusiasmanti e di profondissimo ingegno, che io so fare molto bene, tipo passare da un foglio Excel all’altro o peggio fare il “Cerca Verticale” (che già per il solo fatto di sapere dell’esistenza della formula, io mi auto compiaccio e mi stimo tantissimo!).

Questa mattina con estrema ansia e urgenza mi hanno chiesto di fare una verifica di accesso di utenti ad alcuni contenuti per Ipad: “Sai sono stati assunti da poco, è opportuno che abbiano tutto quanto necessario per potersi formare e poter lavorare!”
“Ops, assunti da poco? Prima di tutto bisognerebbe verificare che abbiano già un iPad?”
“Ops, Ops, è vero non hanno un Ipad”
… prima fase di un disastro annunciato e quindi prima fase della gestione dell’ansia altrui
… passano pochi pochissimi secondi e “Oh mio dio e come fanno senza Ipad?”
E io: “Beh, prima glielo facciamo configurare e poi diamo loro accesso ai contenuti.”
“Ah già, è vero, possiamo fare così … mmm, sei proprio forte sognatore …”
e io che divento un eroe dell’ovvio, mi esalto da morire! Cioè io lavoro perché tu non puoi!!! Non sono io che sono forte, sei tu che non je la puoi fa’! NCSPPN (Non Ci Siamo Proprio Per Niente!)



#consulente, #lavoro, #lavori, #assumere, #ipad, #sognare, #autostima, #excel, #assunzione, #eroe, #scritturebrevi, #sogno, #realtà, #consulenza

martedì 19 aprile 2016

Assumere una wedding planner per organizzare il compleanno di tuo padre


Questa notte ho sognato che una wedding planner doveva organizzare il compleanno di mio padre, io sono affannata e in continuo ritardo.
La tizia che ho assunto stessa, sempre nei miei sogni – che di lavoro, nota bene, fa la wedding planner di un compleanno – mi chiama in continuazione, dice di scrivermi per informarmi riguardo agli appuntamenti che ha schedulato e, dato che io ne sono sempre informata, devo essere sempre pronta a risponderle. Ma io non riesco a leggere nessuna delle mail che lei mi invia e quindi non sono mai preparata al suo arrivo e alle sue domande.

Mi sento sorvegliata e tampinata da questa qui che si finge mia amica … e invece è una wedding planner e poi io sono anche in continuo colpevole ritardo: non so dire quanti sono gli invitati, non so dire come mi vestirò, non so dire in quale periodo voglio la festa (e parliamo sempre del compleanno di mio padre).

Un retro-pensiero cosciente mi dice che è meglio se mi sveglio, devo controllare che la sveglia suoni, magari non l’ho controllata e mi devo svegliare e invece sto ancora pigramente dormendo … controllo l’ora e sono le 3.50, è notte fonda, porca miseria, devo dormire, adesso torna la wedding planner …

… E infatti è tornata … dice di aver chiesto ad una ragazza di venire a casa mia per prendere le bomboniere e io confortata dico “Ok, questa la so, ho le bomboniere…”, poi mi fermo le guardo e dico “Oddio, mancano i confetti!” e nemmeno realizzo che le bomboniere SONO I CONFETTI!!!


Suona la sveglia per salvarmi, sono le sei! E’ 18 aprile … è il compleanno di papà!
 

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mercoledì 9 marzo 2016

Amare il proprio Fallimento

Fallire per una perfezionista, permalosa e orgogliosa come me, è una vera pugnalata con l’aggravante che è auto-inferta!

Capire quanto sia grave un nostro fallimento, parte dalla definizione della questione. Innanzitutto mi pare necessario riconoscere un paio di cose:







Che cosa chiamiamo Fallimento?

Che succede quando Sbagliamo?

Quanto tempo è opportuno dedicare al Fallimento?

Parliamo di quello scivolone che è successo a tutti noi, quella volta che stavamo scendendo eleganti come poche volte nella vita, dalla luminosissima scala di Sanremo, cadendo rovinosamente, devastantemente giù e ancora più giù.

Penso a quel senso di vergogna che proviamo quando goffamente siamo a terra, indifesi e piccoli e dobbiamo tirarci su.
Come sapremo farlo? Sapremo gestire l’imbarazzo? E soprattutto sapremo trarne insegnamento?

Io direi che possiamo cominciare provando a:

-          a riderci su perché in fondo siamo davvero esilaranti

-          a non ridere per gli scivoloni degli altri … perché sono altri “NOI” che cadono

-          evitare di recuperare facendo gaffes più grandi degli stessi scivoloni

-          morire senza recuperare (possiamo gridare la ritirata e nasconderci velocemente fuori dalla vista altrui)

-          rifare gli stessi percorsi per sperimentare nuovi passi

-          osservare da un altro punto di vista, dal pavimento, la realtà

Quando lo scivolone è un errore sul lavoro, tutto di noi è in discussione, la nostra autostima, il nostro valore, il nostro narcisismo, la nostra stessa bellezza, la nostra capacità di parola e di difesa. Come salvarsi?

Mettiamoci alla finestra e aspettiamo che il tempo ci salvi, senza essere passivi, osserviamo con il cervello acceso ed attivo.
Stranamente, il tempo ci accende, ci illumina, anche se in realtà illumina uno sguardo o un comportamento di noi che non abbiamo indirizzato correttamente. Il tempo ci aiuta a trovare una spiegazione all’errore perché ci aspetta nella riflessione, ci lascia elaborare le immagini, le parole e le mette insieme per noi codificandole. Il tempo lo farà, ci salverà!
I fallimenti ci costringono a ragionare su qualcosa, ad osservarla da molto vicino, per questo potremmo scoprire di aver sottovalutato un passaggio e sopravvalutato altri processi. Il fallimento ci aiuta a prendere le misure, a capire come le cose non vanno fatte, su quello che dovremo fare successivamente …

Nel frattempo chiedo a me, a noi, al mondo, all’etere di eliminare i pensieri negativi ricorrenti. Sono quei momenti in cui in maniera ripetitiva ripensiamo a quello che è successo, rimuginando sull’errore compiuto, replicandolo mille volte nella nostra mente. Questa ripetitività, se possibile, ci riporta sugli stessi passi ed è quasi un comando alla mente di rivivere e quindi ripetere le stesse azioni.

… e quando è passato un po’ di tempo … ancora tempo … si tratta solo di tempo, quello che ci aiuta umilmente a dimenticare quell’errore umano, nostro, che lo rende insopportabile, per poterlo poi riprendere in considerazione in maniera ironica e un po’ più oggettiva.

Ho imparato da sola ad ama i miei errori, da lontano, perché ho scoperto che sono la parte più sana e persino più autorevole e saggia di me!
#stylettochallange

martedì 1 marzo 2016

Caro Lavoro ti scrivo



- Che ci piaccia o no
- Che lo vogliamo o no
- Che ne siamo consapevoli o no

per tutti noi, tu sei la cosa che più di tutte anima le nostre giornate da mattina a sera, ti componi di persone che dobbiamo più o meno stimare per poterci stare a fianco. Abbiamo bisogno di stabilire con loro un vero contatto umano di partecipazione e vicinanza. Abbiamo bisogno di sentire che siamo utili. 
Io ho capito che non ho voglia di fare lavori strategicamente importanti perché in fondo non sono capace  di imporre la mia volontà, non urlo, non ostacolo … persino un'espressione strana del viso di chi mi parla, mi confonde e mi fa rinunciare.
Ed poi si crea quel circolo vizioso per cui se rinunciamo a fare qualcosa perché non ci sentiamo all’altezza, arriva insieme quel senso odioso di frustrazione e di incapacità e dunque rinunciare di nuovo a partecipare ALLA NOSTRA VITA LAVORATIVA.

Questa è la prima parte di una lettera al lavoro #carotiscrivo, amato nemico, che io ho scritto circa un mese fa in un momento di totale annullamento, ma che sono sicura, ognuno di noi scriverebbe ogni giorno, dieci volte al giorno!!! Ho capito che il mio problema è lì, nel mio stare sostare senza passione fra quelle carte pertanto ho deciso di lavorare su questa mia lettera, ridurla in pezzetti e metabolizzarla lentamente, perchè se voglio i sogni a colazione, significa che dovrò essere capace, durante il resto della giornata, di prendere in mano la mia vita, le mie passioni e renderle vive anche quando tutto intorno a me alza un muro di pacata indifferenza.

venerdì 8 gennaio 2016

Styletto Challange


Rispondo ad un appello, proposto quasi più come un gioco, un divertimento, che ha la forza di scavare nella parte più intima e fragile di tutte noi. Tutte noi, si, perché è successo a tutti di fallire, ma non a tutti di raccontare il proprio fallimento, il proprio imbarazzo, la fatica di chi realizza quello che sta accadendo, il timore e a volte una certa pigrizia “auto-protettiva” di rialzarsi, l’ansia di scappare via da tutto ed infine la gioia pulita e pura di quando si riconosce che qualcosa di buono è accaduto e lo abbiamo fatto accadere noi.

Mi sono chiesta quale caduta potessi raccontare, quale è il mio miglior fallimento, che osservato da qualche centimetro più su, quando cioè ormai mi sono rialzata, potrebbe essere utile per capire quanto sono stata capace di cadere, in fondo tutti cadono.
Devo rialzarmi, tocca a me - e solo a me - per tornare a camminare sulle mie gambe! Sono io che devo rimettere su me stessa, devo saper chiedere aiuto!
Se penso alle mie cadute, penso ad un grande imbarazzo, alla paura di mostrare al mondo la mia fragilità, il mio errore. Risollevata poi, riconosco il mio errore, misto ad un fastidioso senso di colpa per non aver saputo gestire o controllare un fallimento prima che fosse fallimento.

Di chi? Io? Mai caduta! Caduta?

Oh mio dio si! Oh mio dio certo!

Non ricordo tutti i miei fallimenti (perché sono milioni di milioni), ma ricordo quello, forse unico, da cui mi sono rialzata.
Ero a terra devastata, offesa, arrabbiata, tradita, inconsolabile come una bambina con un ginocchio rotto e sanguinante, ero goffa persa in tutto il mio dolore, eppure guardando ora quei giorni li trovo stupendi.
Erano intensi! Amavo la pioggia, le coperte e il te caldo.
Mi sono presa cura di me, mi sono accudita e curata a lungo da sola, ho imparato a correre per non perdere un minuto di vita.
Ho imparato a truccarmi tutti i giorni per dirmi che meritavo il mio rispetto.
Ho amato i miei errori e le mie cadute, ho amato profondamente il mio dolore, con quella nebbia fredda che ti spacca dentro, gli occhi mi si sono aperti e ho cominciato a guardare.
…E sono rinata, mi sono affacciata ancora incerta e indolenzita, da una piccola finestra socchiusa a osservare fuori.
Infreddolita e impaurita se c’era troppa luce, mettevo i miei nuovi passi con un tacco un po’ timido, che piano piano è diventato più sicuro e leggero.
Ho imparato a fare vere falcate da donna adulta con il forte intenso ricordo della bambina che ero.