venerdì 24 giugno 2016

Oggi mi #affitto



Oggi ho voglia di scrivere a mano, ho voglia di trasportare i miei pensieri in un altro posto attraverso l'inchiostro, oggi il foglio è una zona di conforto dove rimanere accoccolati.

Qui siamo solo io e lui ... e lui è la mia coperta.
Ho la sensazione che il foglio bianco mi aiuti a spaziare con le idee, ad andare più lontano dei confini che lui stesso mi dà.
Quando ho voglia di vagabondare un po' con i pensieri, rimanendo comunque al sicuro, quando, dopo aver volato, ho bisogno di atterrare su un terreno morbido, mi appello a lui, al caro pezzo di carta!



Da mesi, sto davvero spaziando attraverso un mondo, in un nuovo mondo, in una specie di fantasiosa lavatrice esistenziale, emozionale, motivazionale: è un lungo brainstorming alla ricerca di qualcosa in una direzione che ancora non conosco.
Durante il mio spaziare, dentro e fuori dal foglio, oggi mi sono imbattuta nel concetto della realtà da attraversare come sul surf e nella raindrop cake, due concetti lontanissimi, incontrati a distanza di pochi minuti l'uno dall'altra.
Dunque affrontare la vita sfruttando la forza delle onde e una torta di pioggia, mmm, chissà se hanno qualcosa in comune o se mi si sono affacciati insieme per caso!
Mi piacciono anche i suoni delle parole rain rain drop drop ... surf surf.

Questo gusto del far convivere tutto in una raindropsurf deriva dalla ricerca di una ispirazione avviata durante i miei brainstorming, è un lavoro che mi attrae perchè serve a capire come affrontare i prossimi anni del resto della mia vita.

Per avere una vera intuizione sul cambio di vita, mi servirebbe sentirmi molto free, pressure free, sugar free, detox da tutti i suoni stonati, senza quella sensazione di soffocata che fa mancare il fiato. Dovrei essere capace di osservare la mia situazione, la mia vita, in maniera distaccata, come se mi fosse lontana: la mia vita come quella di un parente, la mia vita nei panni della mia cugina di Palestrina ... o di Bollate ...

Nel surf sulla realtà, non si da troppa importanza agli eventi, che non hanno una interpretazione positiva o negativa, tuttavia ci sono strutture mentali, sensi di colpa, di responsabilità, del dovere, che si rafforzano quanto più noi stessi diamo valore a specifici eventi.
Un atteggiamento più rilassato e distaccato, ci renderebbe più oggettivi e probabilmente più attivi, come in quelle discipline orientali di combattimento in cui si sfrutta la forza dell'avversario per indirizzarla nella direzione più opportuna per noi.
Accadono numerosi eventi in numerosi spazi, in uno stesso stesso momento. Ci si dovrebbe spostare da un "ramo" della realtà cogliendo la buona energia che alberga nei buoni eventi. Il senso pratico dovrebbe guidare la libera scelta di sostare su questo o quel ramo della realtà secondo un sano controllo delle proprie intenzioni e dei propri bisogni.

La vita "succede", quello che possiamo fare è farla succedere meglio che si può dalle nostre parti. Serve fondamentalmente ridurre dentro di noi l'importanza che diamo al mondo, quando questo viene vissuto come un macigno tanto grande da soffocarci.
Al tempo stesso dovremmo alleggerirci della importanza che diamo e alle nostre azioni: a volte sentiamo di dover portare addosso il peso di alcune scelte, di alcune cose che gli altri pensano sulla base di quello che noi facciamo.
Dobbiamo immaginare, al contrario, che siamo parte di una catena, le nostre azione entrano in una linea di prevedibilità che toglie a noi, la responsabilità della scelta. Intendo dire che se l'ingranaggio non lo spostiamo noi, si troverà comunque il modo di spostare quello stesso ingranaggio grazie a qualcun altro: siamo importanti ma non indispensabili.
Questo ci aiuta a pensare alle nostre azioni come a attività che hanno un valore ed un peso, ma che non muore nessuno se le svolgiamo più tardi o con minore attenzione. Insomma la questione è LEGGEREZZA!

A volte sentiamo di non avere voglia di affrontarci, di osservare la nostra stessa voglia di cambiamento, leggere meglio la nostra ricerca di ispirazione ... una certa pigrizia ci frena, uno STOP che interviene proprio quando sembra di poter prendere il volo, c'è un sonno profondo, che arriva, bastardo, ad interrompere la scalata per uscire a prendere aria fuori dal tunnel.
Credo sia una paura inconscia che ci prende proprio nel momento in cui dobbiamo reagire e prenderci la responsabilità della nostra vita, della nostra felicità.

Non che non ci si prenda responsabilità, ma se viviamo una vita fin troppo ripetitiva, uguale nei ritmi, nei riti, nei tempi, spesso ne siamo sopraffatti, ma allo stesso tempo confortati da questa stessa routine!
In questo mondo di soffocanti sicurezze, sappiamo quello che c'è da fare, conosciamo le persone con cui confrontarci, il nostro range di azione e la portata massima delle nostre decisioni.

In una zona del proprio mondo così comoda, in cui tutto è chiaro, cristallino, prevedibile e noto, desiderare un cambiamento è vitale e persino "idratante" per le sinapsi, ma indubbiamente questo crea una enorme paura che tutto quello che abbiamo costruito vada perso, che ci si perda per come ci si conosce:

sarà di certo l'esperienza più ricca, entusiasmante e commovente che vivremo, ma indubbiamente sarà la cosa che provoca più paura!

C'è un'idea che mi sta passando per la mente, che fa convivere la leggerezza dell'agire con la presa di coscienza delle proprie azioni e delle formule di vita abitudinarie, che mi sembra aiuti a surfare sulla realtà.
Onestamente non ho capito come metterla in pratica, essa prevede la capacità di "darsi in affitto", che credo significhi Concedersi A Tempo e Parzialmente, proprio come succede con le cose che si prendono in affitto sul Portaportese: prendi qualcosa, la curi, te ne occupi ... fino a scadenza del contratto, qui non siamo i protagonisti principali ma solo semplici partecipanti.

Questa dell'affitto mi sembra la soluzione per non prendersi un carico troppo rilevante delle tensioni e pressioni che il mondo ci fa, basterebbe solo capire come fare ... una bazzecola!

Adesso il ragionamento sui massimi sistemi sembra non c'entri nulla con la raindrop cake e invece c'entra e anche tantissimo, con tutto quanto!
La raindrop cake è una torta per la quale a New York tutti ormai sono andati in fissa, è un dolce che sembra una goccia d'acqua. Inventato da un cuoco americano di origini giapponesi, è a base di gelatina, zucchero, si può tenere persino in mano, ma solo per pochi secondi ed è divertente giocare con la consistenza di una torta di Pioggia.
Bisogna mangiarla in fretta e non perdere tempo, perché si scioglie.
In bocca sembra dissolversi come l'acqua.


Cosa unisce queste due cose? Il tempo. E' sempre, dappertutto, una questione di tempo, quello che vola e che fugge e quello che semplicemente serve a vivere, a fare bene le cose.
E' una storia di equilibri, fra il tempo del cambiamento che arriva esattamente ad un certo tempo, dopo una certa maturazione e il tempo in cui tutto rischia di finire e di svanire, quando si perde la magia, come la pioggia, quando svanisce l'entusiasmo ... la gioia della ispirazione!


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