mercoledì 11 maggio 2016
lunedì 2 maggio 2016
Regala un barattolo dei pensieri positivi
Nella mia casa c’è una stanza (un po’ più di una stanza)
Nella mia casa c’è anche una mensola (un po’ più di una mensola)
Nella mia casa c’è anche una mensola (un po’ più di una mensola)
Sulla mia mensola c’è un barattolo (e solo un barattolo!)
E’ il barattolo dei pensieri positivi, lo uso all’uopo, non
una volta al dì … ma una volta al mese si!
E’ il barattolo che contiene post-it colorati ed ogni
post-it è un pensiero positivo, molto positivo, perché racconta di qualcosa che
ho fatto e soprattutto che ho fatto bene
E’ UNA COSA BUONA
FATTA BENE
Scrivo solo poche
parole, giusto quelle utili a ricordare, sono quelle parole, che poi, rilette diventano
subito immagine, ricordo ed infine storia, una bella storia che parla di me,
una storia in cui io ho agito, sono stata protagonista. Non importa che sia una
storia con un happy end, anche se quello è auspicabile, ma basta sapere che io
lì c’ero, con tutta la mia testa, la volontà e le scarpe, un paio di tacchi!
E’ un barattolo assai conservatore, che conserva qualcosa a
lungo, come quelli da tenere in una dispensa, da usare quando fa freddo fuori e
non c’è molto cibo fresco in giro per casa e si fa appello a tutte quelle
risorse interne per stare in piedi e centrati.
Quando ho un momento buio, quando il cielo è cupo, quando perdo la speranza di poter respirare ancora aria pulita o tornare a vedere un po’ di luce, quando ho qualche dubbio sulle cose che so di me, prendo un post-it, lo apro piano, sbircio la frase, come nel poker, assaporo una ad una le poche parole, ricordo quello che ho fatto e respiro a pieni polmoni.
C’è una strana sensazione di sana gioia che comincia ad attraversare tutto il corpo.
Ci sono persone in cui il risveglio comincia quando si dissipa il velo di torpore dalla testa e ci sono persone a cui partono i piedi da soli con un bisogno irrefrenabile di ballare a ritmo swing. L’intero corpo ne viene contagiato, spalle, fianchi, ginocchia e guance per finire con gli angoli della bocca che vanno all’insù,
TU sorriderai! E ti piacerà!
Si, uso il TU perché voglio contagiarti, voglio chiederti di provarci, prendi una barattolo di sana sanissima nutella svuotalo pacificamente della parte cioccolato, gianduia e godimento e poi riempilo, sovraccaricalo, inzeppalo di pensieri positivi!
Il contagio crea coraggio (per certo crea una rima), il coraggio rende testardi, la testardaggine porta a perseguire un obiettivo folle da folli, i folli si circondano di persone folli e ironiche, che seguono ancora di pomeriggio lo stesso cartone animato di vent’anni fa, che festeggiano ogni giorno il proprio compleanno più sei mesi, sei giorni, sei ore e cinque minuti … più sei mesi, sette giorni, sei ore e nove minuti … più sei mesi …
Guardandoti allo specchio troverai la tua pelle curiosamente un po’ più luminosa e sentirai un fortissimo bisogno di affacciarti alla finestra per capire fuori cosa c’è e magari sorridere e dire al primo passante che è un “tipo ok”.
Quando ho un momento buio, quando il cielo è cupo, quando perdo la speranza di poter respirare ancora aria pulita o tornare a vedere un po’ di luce, quando ho qualche dubbio sulle cose che so di me, prendo un post-it, lo apro piano, sbircio la frase, come nel poker, assaporo una ad una le poche parole, ricordo quello che ho fatto e respiro a pieni polmoni.
C’è una strana sensazione di sana gioia che comincia ad attraversare tutto il corpo.
Ci sono persone in cui il risveglio comincia quando si dissipa il velo di torpore dalla testa e ci sono persone a cui partono i piedi da soli con un bisogno irrefrenabile di ballare a ritmo swing. L’intero corpo ne viene contagiato, spalle, fianchi, ginocchia e guance per finire con gli angoli della bocca che vanno all’insù,
TU sorriderai! E ti piacerà!
Si, uso il TU perché voglio contagiarti, voglio chiederti di provarci, prendi una barattolo di sana sanissima nutella svuotalo pacificamente della parte cioccolato, gianduia e godimento e poi riempilo, sovraccaricalo, inzeppalo di pensieri positivi!
Il contagio crea coraggio (per certo crea una rima), il coraggio rende testardi, la testardaggine porta a perseguire un obiettivo folle da folli, i folli si circondano di persone folli e ironiche, che seguono ancora di pomeriggio lo stesso cartone animato di vent’anni fa, che festeggiano ogni giorno il proprio compleanno più sei mesi, sei giorni, sei ore e cinque minuti … più sei mesi, sette giorni, sei ore e nove minuti … più sei mesi …
Guardandoti allo specchio troverai la tua pelle curiosamente un po’ più luminosa e sentirai un fortissimo bisogno di affacciarti alla finestra per capire fuori cosa c’è e magari sorridere e dire al primo passante che è un “tipo ok”.
Oppure potresti aprire la porta della stanza accanto alla
tua e dire a quella persona seduta sul divano a leggere silenziosamente il suo
libro e che ti accompagna nella vita, che ti piace vivere quella vita insieme,
con gli aggiustamenti di ogni giorno, ma che ora come allora, questo è bello!
Regala un barattolo ai tuoi amici, alle persone che ami, conservane sempre uno per te, perché tu non debba mai dimenticare mai chi sei.
Regala un barattolo ai tuoi amici perché hai fiducia in loro e sai che un pensiero positivo li aiuterà a sorridere di nuovo e di nuovo ancora: quel barattolo contiene i loro pensieri positivi, le loro azioni migliori, le loro imprese memorabili e quelle dei loro figli.
Regala un barattolo perché sai che quella sarà la loro fonte di sicurezza. Regalalo perché con un pensiero positivo un sogno diventa più vicino.
Io ho usato un barattolo riciclato almeno un paio di volte, conteneva funghetti sott’olio, poi ha ospitato la marmellata di fichi cucinata da una campionessa di marmellate e ora raccoglie i miei pensieri positivi e la vita di questo barattolo è destinata a migliorare ancora, a colorarsi e a risplendere sulla mia mensola, ad avere nastri e fiocchi.
Sii cocciuta, sii arrabbiata, pronuncia pure ad alta voce il tuo “si” o il to “no” purché tu lo ritenga la tua risposta definitiva.
Regala un barattolo ai tuoi amici, alle persone che ami, conservane sempre uno per te, perché tu non debba mai dimenticare mai chi sei.
Regala un barattolo ai tuoi amici perché hai fiducia in loro e sai che un pensiero positivo li aiuterà a sorridere di nuovo e di nuovo ancora: quel barattolo contiene i loro pensieri positivi, le loro azioni migliori, le loro imprese memorabili e quelle dei loro figli.
Regala un barattolo perché sai che quella sarà la loro fonte di sicurezza. Regalalo perché con un pensiero positivo un sogno diventa più vicino.
Io ho usato un barattolo riciclato almeno un paio di volte, conteneva funghetti sott’olio, poi ha ospitato la marmellata di fichi cucinata da una campionessa di marmellate e ora raccoglie i miei pensieri positivi e la vita di questo barattolo è destinata a migliorare ancora, a colorarsi e a risplendere sulla mia mensola, ad avere nastri e fiocchi.
Sii cocciuta, sii arrabbiata, pronuncia pure ad alta voce il tuo “si” o il to “no” purché tu lo ritenga la tua risposta definitiva.
E anche se non ti senti giù, ma sei solo in quella fase un
po’ “gne gne” che non sai che cosa vuoi, ma ci sono una serie di cose che di
fondo ti danno un sacco fastidio, beh allora tira su un pensiero positivo,
Giusto per non dimenticare
Giusto per non buttare in un anonimo archivio cartaceo una
tua idea
Per rinfrescare un pensiero
Per verificare se è arrivato il momento giusto di dargli
spazio
Per provare nuovamente a farlo avviare su altri binari
Per capirne se ancora quel pensiero positivo ha lo stesso
peso sulla tua vita e sulla tua storia
Perché ti illumini
Per inviare una lettera a babbo natale o alla fatina dei buoni
pensieri e delle idee strafighe, che devono vivere assolutamente da qualche
parte nel mondo e che devo ascoltare quello che hai da chiedere!
#barattolo, #unbarattoloperognioccasione, #nutella,
#tentativo, #dolce, #sweet, #positivo, #pensiero, #vita, #giorno, #casa, #home,
#pensieropositivo, #thinkpositive
giovedì 21 aprile 2016
Un eroe dell'ovvio

In questo mondo supersupermagicalidoso, la mia autostima cresce, enormemente, ogni giorno, soprattutto quando qualcuno ti chiama e ti dice: “ok, sei un sognatore, ma riesci a fare cose che io … mamma mia …”, lasciando poi sospesa questa frase.
Non so se questo significa che non sanno proprio come si finisce la frase o se è meglio non prendersi la briga di dire cose a cui poi dovrebbero dare seguito.
Di solito si tratta di attività amene, entusiasmanti e di profondissimo ingegno, che io so fare molto bene, tipo passare da un foglio Excel all’altro o peggio fare il “Cerca Verticale” (che già per il solo fatto di sapere dell’esistenza della formula, io mi auto compiaccio e mi stimo tantissimo!).
Questa mattina con estrema ansia e urgenza mi hanno
chiesto di fare una verifica di accesso di utenti ad alcuni contenuti per Ipad:
“Sai sono stati assunti da poco, è opportuno che abbiano tutto quanto
necessario per potersi formare e poter lavorare!”
“Ops, assunti da poco? Prima di tutto bisognerebbe
verificare che abbiano già un iPad?”
“Ops, Ops, è vero non hanno un Ipad”
… prima fase di un disastro annunciato e quindi prima
fase della gestione dell’ansia altrui
… passano pochi pochissimi secondi e “Oh mio dio e come
fanno senza Ipad?”
E io: “Beh, prima glielo facciamo configurare e poi diamo loro accesso ai contenuti.”
“Ah già, è vero, possiamo fare così … mmm, sei proprio forte sognatore …”
e io che divento un eroe dell’ovvio, mi esalto da morire! Cioè io lavoro perché tu non puoi!!! Non sono io che sono forte, sei tu che non je la puoi fa’! NCSPPN (Non Ci Siamo Proprio Per Niente!)
E io: “Beh, prima glielo facciamo configurare e poi diamo loro accesso ai contenuti.”
“Ah già, è vero, possiamo fare così … mmm, sei proprio forte sognatore …”
e io che divento un eroe dell’ovvio, mi esalto da morire! Cioè io lavoro perché tu non puoi!!! Non sono io che sono forte, sei tu che non je la puoi fa’! NCSPPN (Non Ci Siamo Proprio Per Niente!)
#consulente, #lavoro, #lavori, #assumere, #ipad, #sognare, #autostima,
#excel, #assunzione, #eroe, #scritturebrevi, #sogno, #realtà, #consulenza
martedì 19 aprile 2016
Assumere una wedding planner per organizzare il compleanno di tuo padre
Questa notte ho sognato che una wedding planner doveva
organizzare il compleanno di mio padre, io sono affannata e in continuo
ritardo.
La tizia che ho assunto stessa, sempre nei miei sogni – che di lavoro, nota bene, fa la wedding planner di un compleanno – mi chiama in continuazione, dice di scrivermi per informarmi riguardo agli appuntamenti che ha schedulato e, dato che io ne sono sempre informata, devo essere sempre pronta a risponderle. Ma io non riesco a leggere nessuna delle mail che lei mi invia e quindi non sono mai preparata al suo arrivo e alle sue domande.
La tizia che ho assunto stessa, sempre nei miei sogni – che di lavoro, nota bene, fa la wedding planner di un compleanno – mi chiama in continuazione, dice di scrivermi per informarmi riguardo agli appuntamenti che ha schedulato e, dato che io ne sono sempre informata, devo essere sempre pronta a risponderle. Ma io non riesco a leggere nessuna delle mail che lei mi invia e quindi non sono mai preparata al suo arrivo e alle sue domande.
Mi sento sorvegliata e tampinata da questa qui che si finge
mia amica … e invece è una wedding planner e poi io sono anche in continuo
colpevole ritardo: non so dire quanti sono gli invitati, non so dire come mi
vestirò, non so dire in quale periodo voglio la festa (e parliamo sempre del
compleanno di mio padre).

… E infatti è tornata … dice di aver chiesto ad una ragazza
di venire a casa mia per prendere le bomboniere e io confortata dico “Ok,
questa la so, ho le bomboniere…”, poi mi fermo le guardo e dico “Oddio, mancano
i confetti!” e nemmeno realizzo che le bomboniere SONO I CONFETTI!!!
Suona la sveglia per salvarmi, sono le sei! E’ 18 aprile … è
il compleanno di papà!
#weddingplanner; #eventplanner, #wedding, #compleanno,
#scritturebrevi, #papà, #festa, #figli, #sognare, #sogno, #libri, #ansia,
#stress, #insonnia, #paura
mercoledì 9 marzo 2016
Amare il proprio Fallimento
Fallire per una perfezionista, permalosa e orgogliosa come me, è una vera pugnalata
con l’aggravante che è auto-inferta!
Capire quanto sia grave un nostro fallimento, parte dalla definizione della questione. Innanzitutto mi pare necessario riconoscere un paio di cose:
Che cosa chiamiamo Fallimento?
Che succede quando Sbagliamo?
Quanto tempo è opportuno dedicare al Fallimento?
Parliamo di quello scivolone che è successo a tutti noi, quella volta che stavamo scendendo eleganti come poche volte nella vita, dalla luminosissima scala di Sanremo, cadendo rovinosamente, devastantemente giù e ancora più giù.
Penso a quel senso di vergogna che proviamo quando goffamente siamo a terra, indifesi e piccoli e dobbiamo tirarci su.
Come sapremo farlo? Sapremo gestire l’imbarazzo? E soprattutto sapremo trarne insegnamento?
Io direi che possiamo cominciare provando a:
Quando lo scivolone è un errore sul lavoro, tutto di noi è in discussione, la nostra autostima, il nostro valore, il nostro narcisismo, la nostra stessa bellezza, la nostra capacità di parola e di difesa. Come salvarsi?
Mettiamoci alla finestra e aspettiamo che il tempo ci salvi, senza essere passivi, osserviamo con il cervello acceso ed attivo.
Stranamente, il tempo ci accende, ci illumina, anche se in realtà illumina uno sguardo o un comportamento di noi che non abbiamo indirizzato correttamente. Il tempo ci aiuta a trovare una spiegazione all’errore perché ci aspetta nella riflessione, ci lascia elaborare le immagini, le parole e le mette insieme per noi codificandole. Il tempo lo farà, ci salverà!
I fallimenti ci costringono a ragionare su qualcosa, ad osservarla da molto vicino, per questo potremmo scoprire di aver sottovalutato un passaggio e sopravvalutato altri processi. Il fallimento ci aiuta a prendere le misure, a capire come le cose non vanno fatte, su quello che dovremo fare successivamente …
Nel frattempo chiedo a me, a noi, al mondo, all’etere di eliminare i pensieri negativi ricorrenti. Sono quei momenti in cui in maniera ripetitiva ripensiamo a quello che è successo, rimuginando sull’errore compiuto, replicandolo mille volte nella nostra mente. Questa ripetitività, se possibile, ci riporta sugli stessi passi ed è quasi un comando alla mente di rivivere e quindi ripetere le stesse azioni.
… e quando è passato un po’ di tempo … ancora tempo … si tratta solo di tempo, quello che ci aiuta umilmente a dimenticare quell’errore umano, nostro, che lo rende insopportabile, per poterlo poi riprendere in considerazione in maniera ironica e un po’ più oggettiva.
Ho imparato da sola ad ama i miei errori, da lontano, perché ho scoperto che sono la parte più sana e persino più autorevole e saggia di me!
#stylettochallange
Capire quanto sia grave un nostro fallimento, parte dalla definizione della questione. Innanzitutto mi pare necessario riconoscere un paio di cose:
Che cosa chiamiamo Fallimento?
Che succede quando Sbagliamo?
Quanto tempo è opportuno dedicare al Fallimento?
Parliamo di quello scivolone che è successo a tutti noi, quella volta che stavamo scendendo eleganti come poche volte nella vita, dalla luminosissima scala di Sanremo, cadendo rovinosamente, devastantemente giù e ancora più giù.
Penso a quel senso di vergogna che proviamo quando goffamente siamo a terra, indifesi e piccoli e dobbiamo tirarci su.
Come sapremo farlo? Sapremo gestire l’imbarazzo? E soprattutto sapremo trarne insegnamento?
Io direi che possiamo cominciare provando a:
-
a riderci su perché in fondo siamo davvero esilaranti
-
a non ridere per gli scivoloni degli altri … perché
sono altri “NOI” che cadono
-
evitare di recuperare facendo gaffes più grandi degli
stessi scivoloni
-
morire senza recuperare (possiamo gridare la ritirata e
nasconderci velocemente fuori dalla vista altrui)
-
rifare gli stessi percorsi per sperimentare nuovi passi
-
osservare da un altro punto di vista, dal pavimento, la
realtà
Quando lo scivolone è un errore sul lavoro, tutto di noi è in discussione, la nostra autostima, il nostro valore, il nostro narcisismo, la nostra stessa bellezza, la nostra capacità di parola e di difesa. Come salvarsi?
Mettiamoci alla finestra e aspettiamo che il tempo ci salvi, senza essere passivi, osserviamo con il cervello acceso ed attivo.
Stranamente, il tempo ci accende, ci illumina, anche se in realtà illumina uno sguardo o un comportamento di noi che non abbiamo indirizzato correttamente. Il tempo ci aiuta a trovare una spiegazione all’errore perché ci aspetta nella riflessione, ci lascia elaborare le immagini, le parole e le mette insieme per noi codificandole. Il tempo lo farà, ci salverà!
I fallimenti ci costringono a ragionare su qualcosa, ad osservarla da molto vicino, per questo potremmo scoprire di aver sottovalutato un passaggio e sopravvalutato altri processi. Il fallimento ci aiuta a prendere le misure, a capire come le cose non vanno fatte, su quello che dovremo fare successivamente …
Nel frattempo chiedo a me, a noi, al mondo, all’etere di eliminare i pensieri negativi ricorrenti. Sono quei momenti in cui in maniera ripetitiva ripensiamo a quello che è successo, rimuginando sull’errore compiuto, replicandolo mille volte nella nostra mente. Questa ripetitività, se possibile, ci riporta sugli stessi passi ed è quasi un comando alla mente di rivivere e quindi ripetere le stesse azioni.
… e quando è passato un po’ di tempo … ancora tempo … si tratta solo di tempo, quello che ci aiuta umilmente a dimenticare quell’errore umano, nostro, che lo rende insopportabile, per poterlo poi riprendere in considerazione in maniera ironica e un po’ più oggettiva.
Ho imparato da sola ad ama i miei errori, da lontano, perché ho scoperto che sono la parte più sana e persino più autorevole e saggia di me!
#stylettochallange
martedì 1 marzo 2016
Caro Lavoro ti scrivo
- Che ci piaccia o no
- Che lo vogliamo o no
- Che ne siamo consapevoli o no
per tutti noi, tu sei la cosa che più di tutte anima le nostre giornate da mattina a sera, ti componi di persone che dobbiamo più o meno stimare per poterci stare a fianco. Abbiamo bisogno di stabilire con loro un vero contatto umano di partecipazione e vicinanza. Abbiamo bisogno di sentire che siamo utili.
Io ho capito che non ho voglia di fare lavori strategicamente importanti perché in fondo non sono capace di imporre la mia volontà, non urlo, non ostacolo … persino un'espressione strana del viso di chi mi parla, mi confonde e mi fa rinunciare.
Ed poi si crea quel circolo vizioso per cui se rinunciamo a fare qualcosa perché non ci sentiamo all’altezza, arriva insieme quel senso odioso di frustrazione e di incapacità e dunque rinunciare di nuovo a partecipare ALLA NOSTRA VITA LAVORATIVA.
Questa è la prima parte di una lettera al lavoro #carotiscrivo, amato nemico, che io ho scritto circa un mese fa in un momento di totale annullamento, ma che sono sicura, ognuno di noi scriverebbe ogni giorno, dieci volte al giorno!!! Ho capito che il mio problema è lì, nel mio stare sostare senza passione fra quelle carte pertanto ho deciso di lavorare su questa mia lettera, ridurla in pezzetti e metabolizzarla lentamente, perchè se voglio i sogni a colazione, significa che dovrò essere capace, durante il resto della giornata, di prendere in mano la mia vita, le mie passioni e renderle vive anche quando tutto intorno a me alza un muro di pacata indifferenza.
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stima,
vita lavorativa
venerdì 8 gennaio 2016
Styletto Challange

Mi sono chiesta quale caduta potessi raccontare, quale è
il mio miglior fallimento, che osservato da qualche centimetro più su, quando
cioè ormai mi sono rialzata, potrebbe essere utile per capire quanto sono stata
capace di cadere, in fondo tutti cadono.
Devo rialzarmi, tocca a me - e solo a me - per tornare a camminare sulle mie gambe! Sono io che devo rimettere su me stessa, devo saper chiedere aiuto!
Se penso alle mie cadute, penso ad un grande imbarazzo, alla paura di mostrare al mondo la mia fragilità, il mio errore. Risollevata poi, riconosco il mio errore, misto ad un fastidioso senso di colpa per non aver saputo gestire o controllare un fallimento prima che fosse fallimento.
Devo rialzarmi, tocca a me - e solo a me - per tornare a camminare sulle mie gambe! Sono io che devo rimettere su me stessa, devo saper chiedere aiuto!
Se penso alle mie cadute, penso ad un grande imbarazzo, alla paura di mostrare al mondo la mia fragilità, il mio errore. Risollevata poi, riconosco il mio errore, misto ad un fastidioso senso di colpa per non aver saputo gestire o controllare un fallimento prima che fosse fallimento.
Di chi? Io? Mai caduta! Caduta?
Oh mio dio si! Oh mio dio certo!
Non ricordo tutti i miei fallimenti (perché sono milioni
di milioni), ma ricordo quello, forse unico, da cui mi sono rialzata.
Ero a terra devastata, offesa, arrabbiata, tradita, inconsolabile come una bambina con un ginocchio rotto e sanguinante, ero goffa persa in tutto il mio dolore, eppure guardando ora quei giorni li trovo stupendi.
Erano intensi! Amavo la pioggia, le coperte e il te caldo.
Mi sono presa cura di me, mi sono accudita e curata a lungo da sola, ho imparato a correre per non perdere un minuto di vita.
Ho imparato a truccarmi tutti i giorni per dirmi che meritavo il mio rispetto.
Ho amato i miei errori e le mie cadute, ho amato profondamente il mio dolore, con quella nebbia fredda che ti spacca dentro, gli occhi mi si sono aperti e ho cominciato a guardare.
…E sono rinata, mi sono affacciata ancora incerta e indolenzita, da una piccola finestra socchiusa a osservare fuori.
Infreddolita e impaurita se c’era troppa luce, mettevo i miei nuovi passi con un tacco un po’ timido, che piano piano è diventato più sicuro e leggero.
Ho imparato a fare vere falcate da donna adulta con il forte intenso ricordo della bambina che ero.
Ero a terra devastata, offesa, arrabbiata, tradita, inconsolabile come una bambina con un ginocchio rotto e sanguinante, ero goffa persa in tutto il mio dolore, eppure guardando ora quei giorni li trovo stupendi.
Erano intensi! Amavo la pioggia, le coperte e il te caldo.
Mi sono presa cura di me, mi sono accudita e curata a lungo da sola, ho imparato a correre per non perdere un minuto di vita.
Ho imparato a truccarmi tutti i giorni per dirmi che meritavo il mio rispetto.
Ho amato i miei errori e le mie cadute, ho amato profondamente il mio dolore, con quella nebbia fredda che ti spacca dentro, gli occhi mi si sono aperti e ho cominciato a guardare.
…E sono rinata, mi sono affacciata ancora incerta e indolenzita, da una piccola finestra socchiusa a osservare fuori.
Infreddolita e impaurita se c’era troppa luce, mettevo i miei nuovi passi con un tacco un po’ timido, che piano piano è diventato più sicuro e leggero.
Ho imparato a fare vere falcate da donna adulta con il forte intenso ricordo della bambina che ero.
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